Un libro giallo che non punta allo spettacolo, ma alla profondità del quotidiano e del desiderio umano. Un romanzo intenso che vive di misteri di provincia, enigmi interiori e una scrittura vibrante che fa riflettere e restare.
«Compivo quarantatré anni e, nonostante le foto, sempre e comunque uguali, sarei stata costretta a dirmi che il tempo scorreva perché persone che c’erano state non c’erano più».
Quando una fila agli sportelli diventa occasione di introspezione, tu non puoi che fermarti a leggere. La fila alle poste di Chiara Valerio, edito da Sellerio, è questo meraviglioso paradosso: un invito a guardare oltre lo sportello, dove accanto ai bigliettini numerati si nasconde l’anima di ognuno.
Il 1996 è al centro della narrazione che diventa in parte un ricordo autobiografico, data l’ambientazione nel luogo in cui la scrittrice è nata e ha vissuto la sua giovinezza, ma anche un’interessante invenzione narrativa, dove personaggi reali e di fantasia si alternano in un racconto denso di implicazioni familiari, professionali, sociologiche, sessuali.
Tre anni prima era morta in circostanze insolite Vittoria, una donna interessante, farmacista, medico, donna dal fascino ambiguo e misterioso che si era trasferita a Scauri, dove viveva in compagnia di Mara. Dopo la sua morte per annegamento nella vasca da bagno, Lea aveva conosciuto il marito, l’avvocato Pontecorvo, di cui nessuno immaginava l’esistenza; ora anche lui ricompare nella storia e il fantasma di Vittoria continua ad aleggiare intorno ai vari personaggi che si affollano nel coro che Valerio costruisce, in una storia piena di molti temi, di diversi intrecci che si annodano intorno alla piccola comunità dove tutti si conoscono, pettegolano, riferiscono, insinuano.
Nel seguire i fili della storia capiamo che la piccola, leggermente disabile, era in cucina con la madre Giovanna, che stava preparando una zuppa di pesce per la cui bontà era nota nella zona; la bambina aveva ricevuto un colpo in testa, non si era trovata l’arma del delitto, nessuno era entrato in casa, per cui la madre disperata viene arrestata. L’altra figlia e il marito, un tipo litigioso, restano soli nella tragedia, e lui si rivolgerà a Lea per essere assistito legalmente; Giovanna invece sarà difesa da un’avvocata romana famosa.

Ecco allora i tanti rivoli in cui Chiara Valerio ci trascina: le vongole messe a spurgare vengono rubate misteriosamente, riemergono dal passato storie di suore ormai anziane ma in gioventù protagoniste di vicende segrete e difficili da raccontare, di cui anche Vittoria era stata testimone. Alla posta, mentre si fa la fila, vengono sussurrate maldicenze, notizie sconosciute, in una sorta di bollettino pettegolo e spesso veritiero. Varie generazioni si mettono a confronto, il passato riemerge mentre il futuro appare incerto; Lea va a Roma, dove ritrova il mondo di Vittoria, conosce la donna con cui lei aveva avuto una relazione me è a sua volta irretita, scoprendo una sua sensibilità di cui niente sapeva. Innamorata del marito, aveva subito il fascino incantatore di Vittoria e ora si trova a baciare l’anziana Rebecca, sentendo su quelle labbra il sapore di Vittoria.
Chiara Valerio, in questo romanzo fatto di dialoghi serrati, talvolta non del tutto chiari, pieni di sottintesi, espressi spesso in dialetto, mette insieme un côté borghese con uno popolaresco, un ambiente intellettuale e snob con i paesani scauresi, le tradizioni natalizie della cittadina con la ricchezza dei personaggi romani.

La fila alle poste
Chiara Valerio
Fine novembre a Scauri, tra Roma e Napoli. La spiaggia è quasi deserta, vuoti gli stabilimenti. Da qualche settimana le vongole lasciate nei secchi a spurgare sul bagnasciuga spariscono nel nulla. E non è colpa del mare. Tre anni prima è morta Vittoria, una donna che è entrata nella memoria del paese e delle persone, e ha cambiato per sempre la vita dell’avvocato Lea Russo, due figlie e un marito, molti impegni e molte inquietudini. Vittoria è forse arrivata troppo tardi nei pensieri di Lea, ma è riuscita a mettere in moto un’energia improvvisa, uno squarcio di vita nuova, un’ossessione. L’ultimo lunedì del mese, quando Lea compie quarantatré anni, arriva una brutta notizia. È morta una bambina, è morta ammazzata, e nessuno sembra avere dubbi su chi l’abbia uccisa. Eppure si stagliano ombre profonde, a Scauri tutti sanno tutto, ci si conosce da sempre, non si è mai davvero sorpresi da quanto accade. Ma poi c’è una bambina assassinata, mentre la madre prepara la zuppa di pesce. Lea Russo ama il marito, le figlie, il suo lavoro, ha tutto per essere felice, eppure è piena di dubbi. L’assenza di Vittoria, la sua luce che agita i sogni, ha svelato in lei un’altra felicità, un’eccitazione che va cercata altrove. Lea sente il bisogno di mettersi in discussione, di dover difendere la madre assassina, e di tornare a scavare nelle proprie fantasie, negli enigmi degli altri, nella scura e attraente materia che Vittoria le ha lasciato dentro. La storia di Lea è come un romanzo d’amore poliziesco, in cui il crimine da risolvere è quello di un desiderio nascosto, che sempre più travolge e conquista la mente della protagonista. A partire dal precedente “Chi dice e chi tace”, Chiara Valerio ha inventato un mondo letterario che sembra racchiuso, circoscritto, e che invece non smette di estendersi e diventare ricco e complesso sotto i nostri occhi. La scrittrice conosce così bene i suoi personaggi che alla fine risultano familiari anche per noi. Ma come tutto ciò che è familiare, quel mondo e quei caratteri rimangono, in fondo, insondabili.
In un panorama editoriale che sembra fatto di titoli urlati e storie immediate, “La fila alle poste” è un richiamo alla lentezza consapevole. Non è un giallo urlante, ma un giallo-sentimento. Non sacrifica la tensione, ma la intreccia con momenti di tenerezza, con pensieri che sfiorano la filosofia senza imporla. Se analizziamo gli algoritmi odierni, notiamo che premiano articoli e libri che offrono contenuti originali, voci autorevoli e una capacità di sorprendere. Ecco: questo romanzo incarna esattamente il contrario della sicurezza consumistica.
È un libro che spiazza, che chiede di rallentare, di sentire. Perfetto per chi cerca una narrazione immersiva, ben scritta, capace di rimanere dentro anche quando la fila è finita.
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