Focus su: “Raccontami tutto” di Elizabeth Strout

Racontami tutto elisabeth strout focus Copertina

Riunendo i suoi personaggi più amati, l’immensa scrittrice americana crea un affresco sociologico, antropologico e umano. In esso, il lettore ritrova vividamente pezzi della sensibilità, dello smarrimento e delle incertezze che caratterizzano l’esperienza umana.

«Quante vite ignorate che la gente vive e basta. Olive Kitteridge aveva riflettuto su tutte le vite ignorate intorno a lei. L’esperessione l’aveva usata Lucy Barton al loro primo incontro quando aveva ascoltato Olive raccontarle la storia di sua madre: vite ignorate, aveva detto. E Olive ci aveva pensato. In tutte le parti del mondo c’era gente che viveva esistenze che non lasciavano traccia, e questo ora come ora la sconcertava».

Un momento atteso dai lettori: le indiscusse protagoniste di Elizabeth Strout, Olive Kitteridge e Lucy Barton, si ritrovano in “Raccontami tutto”, il romanzo di Elisabeth Strout edito da Einaudi. L’incontro si rivela indissolubile, cementato dalla narrazione di esistenze marginali, spesso trascurate. Queste storie, proiettate fino ai giorni nostri e alle sfide di pandemie e guerre, offrono sorprendentemente una chiave per interpretare e dare significato al presente e all’immediato futuro.

Le diverse storie narrate da Olive, Lucy e, in parte, da Bob, hanno il pregio di mettere in luce i loro protagonisti: ex mogli, figli risentiti, vicini curiosi, vecchi amici scomparsi e amori lampo in treno. Tutti questi racconti non solo rovesciano le aspettative iniziali, ma chiariscono le motivazioni dietro determinate scelte future o i comportamenti dei personaggi. Soprattutto, per Olive, Lucy e Bob, queste narrazioni sembrano costituire un plasma vitale, essenziale per la comprensione di sé stessi.

È grazie alla delicatezza dei sentimenti, all’ironia di alcune scene e alla profonda risonanza dei dialoghi che Elizabeth Strout ci permette di vivere accanto ai suoi personaggi. I suoi romanzi diventano così un compendio delle caratteristiche dell’età matura: dai suoi timori e dal senso di perdita, alla ritrovata capacità di apprezzare, attraverso una rete di relazioni diverse, l’intrinseca ricchezza della vita.

Emerge una chiara volontà di ascoltare l’altro, di attingere nuova linfa vitale dall’interlocutore, di vivere l’esistenza anche attraverso le storie altrui, specie se le proprie non bastano. Bob, Olive e Lucy si sentono così vicini da sembrare amici fidati, quelli con cui vorremmo confrontarci e invecchiare.


Raccontami tutto
Elisabeth Strout

A New York Lucy Barton non ha piú fatto ritorno. La casetta sul mare che il suo ex marito William aveva affittato per loro durante la pandemia di Covid-19 è diventata la loro dimora permanente. Antichi affetti e nuove frequentazioni hanno permesso a Lucy Barton di non impazzire. Quella col vecchio amico di famiglia Bob Burgess, prima di tutto. Le loro passeggiate quotidiane, confidandosi piccoli segreti e affidandosi innocue debolezze, sono diventate un appuntamento corroborante e irrinunciabile. È stato Bob a parlarle della vecchia signora che vive nella residenza per anziani del paese. Ha piú di novant’anni, è un po’ scorbutica e si chiama Olive Kitteridge. Lucy la va a trovare e, nonostante la diffidenza iniziale, Olive le racconta la storia di sua madre. Quel racconto ne chiama altri, di Olive a Lucy, di Lucy a Olive, dando il via a una consuetudine del narrare che si rinnova a ogni incontro, come in una versione moderna e deliziosamente spigolosa delle Mille e una notte. Frattanto Bob viene richiamato al suo antico mestiere di avvocato da un caso di cronaca avvenuto in città: il ritrovamento del corpo di una signora anziana scomparsa mesi prima. Il principale indiziato è un uomo del posto, Matthew Beach, suo figlio, e, su richiesta della sorella di Matt, Diana, Bob accetta di prenderne le difese. Mentre le indagini procedono, è a Lucy che Bob affida il suo dolore quando viene a sapere della tragedia che ha colpito l’amato fratello Jim, è a Bob che Lucy affida il proprio quando le figlie Chrissy e Becka per la prima volta non la invitano per Natale. Tornando indietro con la memoria, il lettore avveduto scopre strada facendo che, anche in questo caso, c’era una storia dentro la storia. E poi c’è lo sconosciuto brevemente amato in treno; c’è il professor Muddy e il suo lutto inconsolabile; c’è la prima moglie di Bob, Pam, con la sua dipendenza; c’è la gioventú sfiorita di Addie Beal e quella mai sopita della vecchia zia Pauline. Un carosello di storie che, pagina dopo pagina, si affastellano una sull’altra, alimentate dal desiderio di dar conto delle tante «vite ignorate» che scorrono apparentemente senza lasciare traccia, e di sondare cosí il mistero che tutti quanti siamo.


Il romanzo solleva frequentemente interrogativi sul senso dell’esistenza, suggerendo che la risposta sia da ricercare nella quotidianità degli individui e delle loro narrazioni. I protagonisti sono marcatamente imperfetti. In qualità di destinatari diretti dell’opera di Strout, i lettori rappresentano una copia esatta di tale imperfezione umana.

Raccontami tutto realizza una sorta di chiusura tra le due “saghe” (se così le possiamo definire) che hanno come protagoniste Olive e Lucy, personaggi indimenticabili, benché lontani dall’essere eroine. Oltre a ciò, è soprattutto una netta presa di posizione da parte di Elizabeth Strout (originaria del Maine come Olive e scrittrice newyorkese come Lucy). La sua è una certa idea di letteratura: quella che si occupa delle esistenze trascurate, delle vite che le persone “si limitano a vivere”, senza attribuire loro il valore di una storia da raccontare.

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