C’è un’ansia buona e una cattiva. Se la riconosci puoi cercare di usare la buona e combattere la cattiva. Ho capito che di tante cose per cui soffrivo non ero padrona. Era il mostro a guidarmi

#ioamoreansia

#lotta

#accettazione

 

Daria Bignardi con «Storia della mia ansia», il suo sesto libro, affronta l’inquietudine di una donna al centro di una storia sentimentale disperata. È un viaggio introspettivo, intimo e toccante. La protagonista è l’alter ego dell’autrice. Come Lea, infatti, ha avuto una madre malata di ansia  e per anni ha cercato di evitare la sofferenza, scoprendo poi che l’ansia dominava anche in lei.

Lea è preda di pensieri ossessivi su tutto quello che non va nella sua vita, che, a dire il vero, a parte un amore conflittuale con il marito, potrebbe funzionerebbe abbastanza: ha tre figli e  un lavoro stimolante.

La giornalista ferrarese racconta dunque di uno stato d’animo, un sentimento che colpisce milioni di persone attraverso la vita della protagonista, una musicista affermata che riesce a vincere i concorsi, entrare nelle Accademie più prestigiose proprio grazie all’ansia. Fino a quando la situazione non degenera e si trasforma in malattia e la creatività generata dal suo malessere si trasforma in distruzione di tutto quello che c’è di bello attorno a lei: la musica, la carriera, gli affetti. Da mentale, la patologia diventa fisica e ingabbia tutto, lo trasforma in qualcosa di tremendo che non permette alla protagonista di “Storia della mia ansia” di vedere bene la sua direzione e a discernere più la realtà.

Questo romanzo è “un pugno nello stomaco”, ma è anche una liberazione dall’ipocrisia e dal tabù che avvolge le psicopatologie. Dal momento dell’accettazione quel sentimento diventa il motore di tutto, una lotta della parte buona contro quella cattiva. Un viaggio con la propria compagna di vita silenziosa, ma estremamente presente e pesante.

Da tenere sul comodino e da leggere!

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