Torna Stephen King, e torna con la sua forma espressiva più tipica, il romanzo lungo. Non aspettatevi, però, le classiche atmosfere horror alla King, ma “solamente” un grande romanzo che parla di profonda umanità, del desiderio di cambiare le cose per amore e della capacità di fare delle enormi rinunce per esse.
La sinossi del libro “22/11/63” in due parole:
Jake Epping, protagonista del romanzo, torna indietro nel tempo senza riflettere sul fatto che ogni sua azione potrebbe avere conseguenze impreviste sul futuro. Torna indietro con la buona fede di migliorare il mondo, e con l’intenzione di salvare vite umane dalla morte certa. Lo fa e niente va come previsto.
22/11/’63 è un romanzo dal taglio fortemente storico; oltre a quanto detto, la grandezza di questo romanzo è anche quella di dare spazio all’interno della narrazione ad approfondimenti di storia (e fantastoria del tipo, se Kennedy non fosse mai stato assassinato, gli USA avrebbero preso parte al conflitto in Vietnam?) che diventano quasi maniacali nella descrizione dell’evoluzione del personaggio di Lee Harvey Oswald, l’uomo che ha cambiato la storia assassinando JFK proprio il 22 novembre del 63, presente nelle vicende del libro quasi a livello del vero protagonista Jake Epping. In poche parole, King utilizza Oswald come personaggio del suo romanzo, ma lo fa comportare esattamente come si è comportato nella realtà, o nella sua ricostruzione più attendibile, e analizza in maniera molto approfondita le motivazioni che lo hanno spinto a compiere quel fatidico gesto.
Molto intensa e chiarificatrice anche la descrizione storica, sociale e di costume del periodo a cavallo tra i 50s e i 60s negli States, sia nelle grandi città (Dallas) che in un paese texano di poche anime (Jodie). Ancora: la tensione che caratterizza i romanzi di King, qui è sostituita da un altro sentimento, una malinconia che permea le pagine del romanzo e che piano piano si incolla sul protagonista fino alla fine del romanzo. E qui viene la notiziona!!
Finalmente King imbrocca un finale!
Emozionante, non banale e commovente; ovviamente sul finale non aggiungo altro per non rovinare la lettura. Altro fattore estremamente coinvolgente, riguarda i continui rimandi a romanzi precedenti di King/Bachman, su tutti, ma non solo, l’incontro a Derry con gli adolescenti protagonisti di IT. In definitiva un altro tassello che contribuisce a rendere King uno dei migliori scrittori contemporanei di romanzi.
In onor del vero, devo anche aggiungere, però, che mi è un po’ mancata la capacità di King di dare vita alle nostre paure, incutendo timori, ansie, presentimenti al lettore e stupendolo con situazioni estreme e inaspettate; mi è mancata la tensione che, in romanzi come l’Ombra dello Scorpione, Le notti di Salem, ma anche il recente Duma Key, mi costringeva a girare pagina temendo di non ritrovare più il mondo che mi aveva accompagnato fin lì. Ma se avessimo avuto anche questo, probabilmente ora staremmo parlando del miglior romanzo del Re.
A cura di Francesco Di Nardo