Addio a Raimon Panikkar, pensatore fuori dagli schemi

Sono partito cristiano, mi sono scoperto hindù e ritorno buddhista, senza cessare per questo di essere cristiano

E’ morto giovedì scorso, a quasi 92 anni, Raimon Panikkar: teologo, filosofo e sacerdote spagnolo di origini indiane che ha rappresentato in vita un vero e proprio ponte tra la cultura occidentale cristiana e quella induista, buddista. Considerato da tanti come un “Maestro”, è stato promotore per gran parte della sua vita di un dialogo interreligioso e interculturale tra le religioni, in onore del quale gli fu conferito il Premio Nonino. Autore di oltre 60 libri, ha fondato il suo pensiero sul punto di incontro tra Oriente e Occidente. Nella sua opera convergono diverse realtà: la realtà umana con le sue origini multiple indù e cristiane; la realtà accademica e intellettuale, interdisciplinare, interculturale e interreligiosa. Da ciò, l’importanza del dialogo nel suo pensiero. Pensiero ove il Pellegrinaggio viene considerato simbolo della vita e non vita stessa, ove il Pellegrinaggio non deve essere solo esteriore, ma anche interiore. Il suo pensiero propone una visione dell’armonia, della concordia, che vuole scoprire «l’invariante umano» senza distruggere le diversità culturali che mirano tutte alla realizzazione della persona in continuo processo di creazione e di ricreazione. Il filosofo considerava il dialogo importante, ma non come puramente meccanico o informativo, bensì quello che lui chiamava «dialogo dialogico» che porta a riconoscere le differenze ma anche quanto si ha in comune, che spinge alla fine a una mutua fecondazione. In particolare il dialogo religioso nel quale si cerca la collaborazione dell’altro per la mutua realizzazione, dal momento che la saggezza consiste nel sapere ascoltare.

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