Articoli marcati con tag ‘autobiografico’

Lasciami l’ultimo valzer

Lasciami l’ultimo valzer è l’unico romanzo che Zelda Fitzgerald abbia mai scritto. Ambientato tra l’Alabama, New York, la Francia e l’Italia, è la storia di Alabama Beggs, bella e anticonvenzionale fanciulla del Sud che sposa un artista, viaggia con lui in Europa e conduce una vita relativamente infelice, cercando di mettere alla prova i suoi tormentati talenti artistici.

Lasciami l’ultimo valzer, l’ultimo sogno e l’ultimo bicchiere.

Lasciami l’ultima speranza, l’ultima fatica e l’ultima parola.

Un sogno per salvare la propria vita e quella del proprio matrimonio che non lascia troppo spazio alle cure materne né a rapporti profondi. Un sogno comodo o forse troppo stretto per chi non riesce a stare dentro gli schemi della società, per chi abituata agli agi cerca di sperimentare il sudore e la gioia delle piccole conquiste.

Un sogno perfetto per tenere impegnata la mente, per non pensare e non desiderare altro, per scappare e per ritrovarsi. La danza della protagonista, la pittura del marito, lo yoga  o la passione di ciascuno di noi…

Frantumi di una storia d’amore tragica e disperata, tra due che non potevano più stare insieme, ma non riuscivano a stare separati.

Pezzi di un’identità folle e anti-convenzionale.

Barlumi di amara lucidità.

 

 

“Non voglio tu mi veda diventare vecchia”

“Nessuno aveva insegnato alla ragazzina a interpretare se stessa.”

#folliaeamore

#libridaleggere

#romanzo

 

 

Classifica libri più venduti terza settimana di febbraio.
   Uomini e donne allo specchio.

Ai primi posti della classifica di questa settimana, Veronica Pivetti con Ho smesso di piangere. La mia odissea per uscire dalla depressione (Mondadori, 2012) racconta il suo momento buio. Senza censure, con toccante onestà. Perché la depressione va affrontata, non si scappa. Sei anni, dal 2002 al 2008, tanto è durata la sua odissea. Alcuni dottori l’hanno salvata, altri l’hanno massacrata, alcuni le hanno ridato la vita, altri gliel’hanno tolta. E i momenti dolorosi, come spesso accade nella vita, finiscono per diventare involontariamente molto comici, ma non passano senza lasciare un segno: «una volta ero perfettamente funzionante… Ora sono un po’ rattoppata, ho un’anima patchwork e una psiche in divenire. Ed è questa la verità. Ma va bene così, perché la vita si fa con quello che c’è…».
A un anno dalla pubblicazione del bestseller Trent’anni e una chiacchierata con papà, Tiziano Ferro pubblica, dopo l’uscita dell’attesissimo nuovo album, L’amore è una cosa semplice (Kowalski, 2012). «Ho passato tanti anni a chiedermi perché non ho mai smesso di scrivere questi quaderni. Adesso lo so: perché amo la mia vita e non voglio rischiare di dimenticarlo mai». Si concludeva così il lungo diario che nel 2010 Tiziano Ferro apriva ai fan: era il 20 febbraio, la vigilia dei suoi trent’anni e di una nuova stagione della vita. Questo nuovo diario riprende la cronaca dei giorni proprio lì dove si era interrotta per raccontare l’esperienza catartica della scrittura, la nascita di un disco e la sofferta ricerca dell’amore e della felicità.
Più di quaranta colloqui personali con Steve Jobs in oltre due anni, e più di cento interviste a familiari, amici, rivali e colleghi, hanno permesso a Walter Isaacson di raccontare in Steve Jobs (Mondadori, 2011) l’avvincente storia del geniale imprenditore che ha rivoluzionato sei settori dell’economia e del business: computer, cinema d’animazione, musica, telefonia, tablet, editoria elettronica. Jobs ha intuito in anticipo che la chiave per creare valore nel ventunesimo secolo è la combinazione di creatività e tecnologia. Jobs non ha posto alcun filtro alla stesura del libro, incoraggiando anzi i suoi conoscenti, familiari e rivali a raccontarne onestamente pregi e difetti: le passioni e la maestria, il perfezionismo e l’ossessione per il controllo.

Carmela Bafumi

Aharon Appelfeld, la Shoa nella penna, nel cuore e nei romanzi

Buon 80° compleanno ad Aharon Appelfeld il famoso scrittore israeliano che nacque in Bucovina del Nord (16 febbraio 1932) e più esattamente a Žadova, adesso parte di Černivci, allora rumena, uno dei pochi fortunati sopravvissuti della Shoa in cui perse la madre e i nonni. Appelfeld scampò al massacro del campo di sterminio nazista in Transnistria (Romania) e si unì all’Armata Rossa lavorando come cuoco. Alla fine del conflitto mondiale, 1946, scelse di emigrare in Palestina, al tempo ancora sotto il mandato britannico e studiò laureandosi all’Università di Gerusalemme in letteratura, divenendo poi docente all’Università Ben Gurion del Negev.

Appelfeld nasce in una famiglia di classe medio alta, famiglia che si vedrà togliere dal nazionalsocialismo che gli uccise la madre e lo divise dal padre. All’età di soli nove anni, nel pieno dell’autunno rumeno, riuscì a fuggire nei boschi vicini al campo di sterminio e lì sopravvisse cibandosi di quel che trovava, acqua e frutta principalmente. Visse quei giorni terrorizzato da scene di crudeltà immane, come dei contadini all’inseguimento armato un bambino ebreo. Giorni che lo portarono a porsi le sue prime domande: “Cosa c’è di sbagliato in me? Perché mi vogliono uccidere? Ho forse un volto, un corpo, dei pensieri diversi? ” cercando una ragione al massacro.

Seppur biondo con gl’occhi azzurri e anche se parlava bene l’ucraino, Appelfeld non trovò chi volesse adottare un bimbo di dubbie origini, fu così adottato da dei criminali che nel tempo definì: “La mia seconda scuola”, che durò circa due anni, persone terribili capaci però di atti generosi. Appelfeld ricorda che il contatto con i criminali gli aveva fornito gli strumenti per capire gli esseri umani imparando i significati di: “generosità, odio, brutalità e tutti i sensi dell’essere umano”.

Appelfeld è senza dubbio, grazie alle sue storie e alla sua tecnica scrittoria, uno dei più importanti scrittori israeliani viventi. Nei suoi numerosi scritti affronta sempre in modo più o meno diretto il tema della Shoah e dell’Europa prima e durante la seconda guerra mondiale, libri che gli hanno permesso di ricevere diversi premi tra cui il Premio Israele, il Premio Mèdicis in Francia e il Premio Napoli in Italia.

Splendide le due opere:

Notte dopo notte un commovente romanzo che parla del protagonista Manfred e un gruppetto di amici, ebrei dell’Europa orientale sopravvissuti ai campi di sterminio col sogno di far rivivere la lingua yiddish, e con essa i loro cari, scomparsi nella Shoà. Una storia asciutta ma incantevole dove la vita scorre tra letture e canti, mostre, discussioni e lunghe notti insonni, durante le quali la tragedia passata riaffiora in confessioni e incubi.ù

Tutto ciò che ho amato che narra di amori difficili e amari, di tradimenti, gelosie e vendette, e delle ferite che lasciano nell’anima dei protagonisti. Il protagonista Paul è in bilico tra i genitori divorziati e costantemente angosciato dal timore di perderli, il padre pittore è un artista tormentato, sempre pronto a schierarsi contro ai demoni dell’ispirazione e agli antisemiti, mentre la madre gli insegna il gusto dell’amore e il dolore del tradimento. Il tutto in un’Europa degl’anni 30 dove l’antisemitismo sta montando mentre molti scelgono vanamente la conversione.

Il genio di Thomas Bernhard tra romanzi, malattia e nichilismo

Compirebbe oggi 81 anni, Thomas Bernhard, romanziere e drammaturgo austriaco, oltre che poeta e giornalista, ritenuto tra i massimi esponenti della letteratura contemporanea.

Una storia quantomai particolare, figlio di un amore fugace, non conoscerà mai il padre per l’espatrio della madre che lo partorirà in Olanda, mentre il padre trasferitosi in Germania morirà quando Thomas non aveva ancora compiuto 9 anni.

Nuovamente a Vienna, Thomas vive assieme alla madre dai nonni materni, in presenza del nonno scrittore Johannes Freumbichler, trascorrendo il periodo che lui stesso definirà paradisiaco. Thomas seguirà i nonni anche nel successivo spostamento dalla capitale Vienna a Seekirchen am Wallersee, piccola cittadina alle porte di Salisburgo, mentre la madre si trattiene a Vienna per lavoro e intraprendendo una relazione presto conclusa con il matrimonio con Emil Fabian, apprendista parucchiere ed attivista dell’organizzazione clandestina del Partito Comunista Austriaco già frequentata dal fratello di lei Farald.

Il nuovo padre lascia molto presto Vienna per Traunstein, una città bavarese appena aldilà delle alpi, dove entro poco giungeranno anche Thomas, la madre e i nonni. Thomas comincerà la carriera scolastica già a quattro anni sotto spinta del nonno che lo volle introdotto alla musica e all’arte, esperienza, quella scolastica, traumatica perchè si sente discriminato in quanto austriaco. Anche per il nonno Johannes la permanenza nella Germania del Nazismo è altrettanto soffocante e conduce ad un blocco creativo che impedisce la chiusura di una seconda opera dopo il successo del primo e unico romanzo “Philomena Hellenhub”, valso l’attribuzione del “Premio nazionale austriaco per la Letteratura”.

Thomas sarà urtato così fortemente dalla situazione da costringere la madre a consegnarlo ad un istituto di rieducazione in Turingia. Thomas Bernhard descriverà questi anni come gli anni di una subita educazione al rigore, al nazismo, contatto peraltro diretto dopo l’ammissione nel 1943 al Convitto Nazionalsocialista di Salisburgo. Solo il segno lasciato dal nonno gli avrebbe impedito di seguire i continui propositi di suicidio.

Finita la guerra, torna nuovamente a Salisburgo, dove il convitto nazionalsocialista è diventato convitto cattolico. Per quanto visto e vissuto non avrà pietà quando negli anni Settanta racconterà la realtà dell’Austria e degli austriaci.

Spesso criticato in patria come “esterofilo”, per usare un eufemismo, data la sua visione critica dell’Austria, Bernhard ebbe grande fortuna all’estero. La sua produzione è fortemente influenzata dalla sensazione di solitudine (provata soprattutto nell’infanzia e nell’adolescenza) e dal suo male incurabile, che gli fece vedere la morte come ultima essenza dell’esistere. Le sue opere sono spesso lunghi monologhi sulla situazione del mondo e su come esso influisca sulla vita quotidiana, opere, dove lo spettatore è considerato come l’altra parte di un dialogo.

Si ricordano grandi successi di altissima levatura come:

  • Perturbamento l’opera che fece conoscere l’autore al grande pubblico è considerata dalla critica la sua più inquietante e nichilista. Un giovane universitario che segue il padre medico di campagna, nelle sue molteplici visite, scenario idilliaco campestre presto frantumato contro quello del dolore: ogni malato che i due visitano soffre di un qualche orrendo male attraverso il quale il dottore intende esporre il figlio, un idealista studente di scienza e razionale, all’ubiquità della malattia, della brutalità, della morte.
  • Mirabile poi la raccolta edita da Adelphi sotto il titolo di Autobiografia di: “L’origine”, “La cantina”, “Il respiro”, “Il freddo”, “Un bambino”; i cinque libri autobiografici pubblicati da Bernhard fra il 1975 e il 1982.
  • Al limite boschivo, di cui trl’altro è stata da poco pubblicata la ristampa edita da Guanda. Tre racconti – Kulterer, L’Italiano e Al limite boschivo – che “fotografano l’unica follia senza scampo, quella della razionalità”.

I romanzi sociali di Charles Dickens ‘Boz’ a 200 anni dalla sua nascita

Nato Charles John Huffam Dickens a Landport vicino Portsmouth il 7 febbraio 1812, festeggiamo oggi i 200 anni dello scrittore, giornalista e reporter di viaggio britannico considerato uno dei più importanti romanzieri di tutti i tempi.

Secondo di undici figli, nasce da John Dickens, impiegato della Marina britannica e da Elizabeth Barrow. Nel 1815, all’età di tre anni, si trasferisce a Londra con la famiglia, per ritrasferirsi a Chatham nel Kent appena due anni dopo. Proprio nel Kent riceve la sua prima istruzione, alla scuola del figlio di un pastore battista. Il tempo libero lo passa all’aperto a due passi dal mare impegnato in interminabili letture. Nel 1823, la famiglia Dickens, sarà costretta nuovamente a trasferirsi a Camden Town, allora uno dei quartieri più poveri di Londra.

Negl’anni conosce la miseria, la galera grazie all’incarcerazione del padre per debiti (tutta la famiglia si trasferirà in carcere come era permesso al tempo) e il duro lavoro nelle fabbriche assieme alla condizione di vita della classe operaia che divenne nel tempo il tema principale dei suoi lavori.Movie All Is Lost (2013)

Con lo pseudonimo di ‘Boz’ negl’anni 30 dell’800 comincerà la sua attività giornalistica che culminerà nel 1836 con l’uscita de Il circolo Pickwick“, il libro lo rende in breve estremamente famoso nel panorama della narrativa inglese. Da questo momento in poi la sua vita sarà un susseguirsi di pietre miliari della storia della letteratura anglosassone.

La prima puntata di Oliver Twist esce lo stesso anno 1936 grazie al suo lavoro come scrittore presso il Bentley’s Miscellany che manterrà fino al 1839.

Il 4 gennaio 1842 inizia il suo viaggio negli Stati Uniti, dove, ormai scrittore conosciuto, visita Boston, New York, Philadelphia, Washington, Richmond. In Virginia rimane fortemente shoccato dalla diffusa condizione di schiavitù in cui versano molti uomini. Il continuo del viaggio tocca anche le città di Pittsburgh, Cincinnati e Saint Louis raggiunta con un battello a vapore, lungo il fiume Mississippi.

Tra il 1844 e il 1845 grazie al suo continuo vagare soggiorna a lungo a Genova e visita diverse altre città italiane, fra cui Roma, Napoli e Mantova. Il resoconto di questi viaggi costituirà il suo libro Pictures from Italy. Fu nella lunga tappa genovese, nell’estate del 1844, che scrive “Le campane”, riedito da Einaudi nella raccolta: “Canti di Natale: Canto di Natale-Le campane-Il grillo del focolare-La battaglia della vita-Il patto col fantasma

Importantissima opera sarà il David Copperfield, romanzo pubblicato nel 1849-1850 sulla rivista ‘All the Year Round‘ dello stesso Dickens, una “industrial novel” che riscosse un enorme successo.

Da segnalare tra le molte opere del grande scrittore Grandi speranzepubblicato per la prima volta a puntate settimanali, dal 1º dicembre 1860 ad agosto 1861 sulla rivista ‘All the Year Round’, periodico diretto dallo stesso Dickens. La storia (semi autobiografica) dell’orfano Philip Pirrip, detto “Pip”, che narra la sua vita dall’infanzia fino all’età adulta, nel corso della quale tenta di diventare un gentiluomo.

SEGNALIAMO: Una splendida raccolta dei migliori romanzi di Dickens è stata pubblicata da Newton & Compton

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