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La ‘burbera’ voce della storia dei FILM ITALIANI: Arnoldo Foà
Arnoldo Foà compie, oggi 24 gennaio, 96 anni. Un artista a 360 gradi Foà che nella sua lunga carriera è stato attore e regista di moltissimi film che negl’ultimi anni è sempre più facile trovare anche in DVD, un grandissimo doppiatore, talvolta scrittore, importante drammaturgo, nonchè minormente pittore e scultore.
Ferrarese di nascita (1916), termina gli studi superiori a Firenze, dove la famiglia si era trasferita e studia alla scuola di recitazione del grandissimo Luigi Rasi. Lascia gli studi universitari alla facoltà di Economia e Commercio a vent’anni per trasferirsi a Roma e frequentare il Centro Sperimentale di Cinematografia, tutt’oggi la più antica scuola italiana di cinematografia.
Il periodo della seconda guerra mondiale è molto difficile per il giovane attore che, essendo di origini ebraiche, a causa delle leggi raziali del ’38 deve lavorare sotto falso nome (ad es ‘Puccio Gamma’) quelle poche volte che gli viene permesso. Molti aneddoti si possono comunque trovare nella sua “Autobiografia di un artista burbero”.
Nel 1943 si rifugia a Napoli, dove collabora e diviene capo-annunciatore e scrittore della Radio Alleata PWB: sarà proprio la sua voce a dare notizia dell’armistizio con gli Alleati agl’italiani, l’8 settembre 1943. Finalmente, terminata la guerra, torna al teatro e si unisce a molte e importanti compagnie come la Stoppa-Morelli-Cervi nella quale collabora con Visconti o la Compagnia del Teatro Nazionale grazie alla quale conosce e lavora per Guido Salvini. Nel 1945, entra nella Compagnia di Prosa della RAI per la quale lavorerà con intensa dedizione fino agli anni ’80.
Arnoldo Foà è sicuramente celebre per l’intensa e prestigiosa carriera in teatro, durante la quale ha interpretato autori classici e contemporanei e ha potuto collaborare con i più grandi registi d’Italia, da Luchino Visconti passando per Aldo Sarullo fino a Giorgio Strehler. Famoso per la forza e la passionalità delle sue interpretazioni oltre che per la sua voce, grazie alla quale sarà uno dei più importanti doppiatori nazionali. La sua voce, ad esempio, è prestata ad Anthony Quinn ne “La strada” di Fellini e negl’ultimi anni è stato la voce narrante de “La fabbrica di cioccolato” di Tim Burton e quella di Charles Muntz (il burbero esploratore) nel film “Up” di Disney Pixar.
Indimenticabili: lo storico “La freccia nera”, sceneggiato televisivo del 1968, diretto da Anton Giulio Majano e liberamente tratto dall’omonimo romanzo di Robert Louis Stevenson, in onda su Rai 1 tra dicembre 1968 e febbraio 1969; e l’eccelsa interpretazione del ruolo dell’Ispettore nel film “Il processo” del 1962 diretto da Orson Welles e tratto dal romanzo omonimo di Franz Kafka.
Muore a 85 anni Carlo Fruttero: lo scrittore delle meraviglie del possibile
Sarà sepolto proprio di fronte all’amico Italo Calvino, a cui lo scrittore amava dire: “Così prenderemo il té insieme anche nell’aldilà“.
Carlo Fruttero è morto ieri a Castiglione della Pescaia, nella casa in piena pineta di Roccamare che era divenuta la sua dimora dove ritirarsi dopo le morti dell’amico e collega di una vita Franco Lucentini nel 2002 e dell’adorata moglie nel 2007.
Prima traduttore poi assieme a Lucentini, incontrato nel ’52 in un bistrò parigino, autore ironico e tagliente sempre capace di leggere la realtà con una lucidità estrema. Tradusse Samuel Beckett, Jerome David Salinger e Johnny Hart; e scrisse con Lucentini oltre venticinque libri tra cui la “Trilogia del cretino“, un punto fermo per la letteratura umoristica del Novecento, composta dai libri “La prevalenza del cretino” (1985), “La manutenzione del sorriso” (1988) e “Il ritorno del cretino” (1992). Testi in cui i due inseparabili amici si fanno osservatori caustici e puntuali nella lettura e catalogazione delle storture, le aberrazioni e le idiozie di molti personaggi e molti modi del nostro tempo. Da ricordarsi, inoltre, la direzione ultra-ventennale congiunta di Fruttero e Lucentini della collana di fantascienza Urania di Mondadori.
Da ricordarsi il “Premio Campiello” alla carriera nel 2010, onore che riparava tral’altro la vittoria mancata nel 2007 con “Donne informate sui fatti” dove omaggiato dalla sala con una standing ovation era stato poi bocciato dalla giuria popolare.
L’ultima opera dello scrittore torinese + stata pubblicata nel 2010. Un lavoro a quattro mani col giornalista Massimo Gramellini “La patria bene o male“ edito da Mondadori, un almanacco sintetico di 150 anni d’Italia, il cui “intento era di offrire un’infarinatura di storia d’Italia a tutti coloro che ne hanno perso memoria o non l’hanno mai avuta”.
La Questione Civile, il nuovo saggio della filosofa De Monticelli
“L’indifferenza è l’altra faccia di una rimozione del dolore”
E’ uscito in questi giorni LA QUESTIONE CIVILE (Raffaello Cortina Editore) il nuovo libro della filosofa Roberta De Monticelli, grande protagonista nel 2010 con il bestseller da oltre 50 mila copie “La Questione Morale“, saggio raffinato e pungente, capace di rimanere per diverse settimane ai primi posti della classifiche nazionali.
La nuova opera della filosofa più famosa d’Italia si pone come un prosieguo del primo libro, anche se questa volta, come si evince dal titolo, l’analisi è mirata alla Questione Civile. Il libro vuole analizzare e mettere a fuoco la società italiana, i singoli individui in quanto civis, il loro pensiero, le loro azioni e le conseguenze di esse, non solo nella vita quotidiana personale, ma anche, e soprattutto, nella ‘vita della nazione’
Con il tono appassionato di un’orazione civile, Roberta De Monticelli mette a fuoco con esattezza il cuore della tragedia che stiamo vivendo, e mostra come dal buon uso della nostra indignazione (che è anche il sottotitolo dell’opera) possa risultare una rifondazione, un progetto per una nuova civiltà.
“una parte di noi ha distolto gli occhi, ha taciuto rimuovendo la sofferenza. Un’altra parte ha vissuto nella perfetta omologazione con la maggioranza politica che ha votato e il governo di una nazione come la divisione di una torta ha convinto molti. La profonda depressione da ingiustizia è diventata normalità”
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Alla mia sinistra: come uscire dalla crisi secondo Federico Rampini
Federico Rampini, noto giornalista e scrittore, analizza la crisi economica e politica che attanaglia l’Italia e l’Europa. Da osservatore privilegiato, in qualità di corrispondente per diverse testate nazionali tra le quali il quotidiano La Repubblica, analizza le esperienze dei Paesi emergenti e cerca di cogliere i punti di forza, o quello che rimane valido ancora, del modello europeo.
Nel libro “Alla mia sinistra. Lettera aperta a tutti quelli che vogliono sognare insieme a me” Federico Rampini traccia un bilancio dei costi del berlusconismo e degli errori fatali commessi dalla sinistra. E lancia un segnale chiaro per non “lasciarci risucchiare dalla sindrome di declino”.
L’autore compone per il lettore una sorta di mosaico in cui s’intrecciano le esperienze di realtà apparentemente più lontane, le economie emergenti di Brasile, Cina e India, e quello che sta accadendo nella più vicina Europa, in preda alla crisi più cupa, per capire la situazione attuale dell’Italia e se ci sarà un futuro per il nostro sistema paese.
Uno sguardo cosmopolita quello di Rampini che attraverso la lente dell’esperienza mette a fuoco gli elementi e le ricette su cui puntare, non solo per uscire dalla crisi, ma per non lasciarci travolgere dagli eventi e trovare la forza per incidere su di essi per un vero e profondo cambiamento.
“Avevo il dovere di scrivere questo libro. Perché ho due figli ventenni che affrontano, come tutti i loro coetanei, il mercato del lavoro più difficile dai tempi della Grande Depressione. Perché devo rispondere delle mie responsabilità: appartengo a una certa generazione della sinistra occidentale che ha creduto di poter migliorare la società usando il mercato e la globalizzazione.
Oggi so che la sinistra ha commesso errori fatali, di cui sono stato partecipe. Il mercato e la globalizzazione sono stati al centro di un grande disegno egemonico, nato nel cuore della destra americana e dei grandi centri del potere capitalistico, che hanno smantellato senza pietà diritti e tutele dei lavoratori, rendendoci tutti più isolati e più deboli. Ho voluto sfogliare il mio album di famiglia, la storia che ho vissuto con un pezzo della sinistra italiana, europea, americana dagli anni Settanta a oggi, con cui ho condiviso utopie, lotte, abbagli, sbandate e illusioni, per capire le ragioni delle nostre sconfitte, quindi aprire una pagina nuova.
Dalla deformazione dell’idea socialista in Cina alle enormi aspettative suscitate, e poi tradite, da Barack Obama negli Stati Uniti, fino all’impasse dell’integrazione europea: è urgente dare un senso al periodo storico che stiamo attraversando. Non usciremo dalla Grande Contrazione, questo terremoto finanziario, economico e sociale che ci ha investito, se non ricostruiamo nelle nostre società elementi di eguaglianza e di giustizia. Come negli anni Trenta, se non interviene un nuovo progetto riformatore il capitalismo rischia di distruggere la democrazia e il benessere collettivo.
Plutocrazia, tecnocrazia, populismo, autoritarismo sono i mali che minacciano le nostre democrazie. L’Italia è un piccolo laboratorio mostruoso di queste patologie. Avendo vissuto un’esperienza pluridecennale da nomade della globalizzazione – in Europa, in America, in Asia – ho il dovere di dire ciò che è accaduto all’immagine del nostro paese nel mondo. Devo raccontare dal mio osservatorio attuale nell'”Estremo Occidente” quali sono i costi dell’era Berlusconi, e anche le radici profonde del berlusconismo, che gli sopravvivranno, i vizi di un’Italia “volgare e gaudente” con cui dovremo fare i conti anche dopo.
Che cosa farà questa Italia “da grande”?
C’è ancora speranza? Esiste una vocazione forte per il nostro paese, in un mondo sconvolto da trasformazioni secolari?
Alla sinistra, cui appartengo dai tempi della mia formazione europea e della mia militanza nel Pci, indico le possibili vie d’uscita attingendo alle mie esperienze nelle nazioni emergenti, dall’Asia al Brasile: perché non possiamo farci risucchiare in una sindrome del declino tutta interna all’Occidente. Esploro quello che si agita di nuovo nell’America di oggi, da New York alla California. Cerco di riscoprire quel che resta di un modello europeo valido per noi.
Una cosa che mi è sempre piaciuta della sinistra è la sua idea ottimista della Storia. La Storia siamo noi, nel senso che possiamo influire sul corso degli eventi. Riusciremo a farlo solo se troviamo una narrazione comune che tenga insieme i bisogni e le aspirazioni non di una sola categoria, non di una sola nazione, ma dell’umanità intera.”
Federico Rampini
Scrittori in città: dal 17 al 20 novembre a Cuneo capitale del libro
Quattro giorni di incontri con gli scrittori più amati dal pubblico.
E’ tutto pronto a Cuneo per la XIII edizione di “Scrittori in città” che dal 17 novembre al 20 novembre sarà la capitale della cultura made in Italy.
Per l’edizione 2011 la manifestazione affronta il tema della crisi attuale cercando di scorgere gli “orizzonti” della ripresa sia economica che culturale.
Scrittorincittà 2011 propone un palinsesto di incontri utili a raccontare quanto sia diventata difficile l’esperienza del cambiamento.
“Gli orizzonti ci sono ancora, ma forse quelli che abbiamo davanti non sono più gli orizzonti tradizionali del passato, qualcosa che con un po’ di impegno, coraggio e fatica si riusciva infine a raggiungere: sono diventati orizzonti verticali, nel senso di nodi, contraddizioni e paradossi; dunque sfide alle quali è diventato impossibile sottrarsi.
– si legge nella presentazione della manifestazione .
Vogliamo cercare di riflettere sul nostro presente come tempo del contrasto e della frizione, come ipotesi di una metamorfosi tanto desiderataquanto temuta.
Come gli unici orizzonti per i quali abbia senso impegnarsi: quelli strani e impervi del linguaggio e
dell’immaginazione letteraria, quelli della politica, della ricerca, della scienza, dell’etica. Perché se davvero la sostanza di cui è fatto il nostro tempo è la crisi, il conflitto, diventare consapevoli degli orizzonti verticali si fa fondamentale.”